Il Museo della Civiltà Contadina di Grancona

Museo della Civiltà Contadina di GranconaIl museo, allestito in un fabbricato un tempo adibito a stalla e in seguito ampliato, è situato in una tipica corte rurale alle spalle del Castellaro di Grancona, in posizione dominante la Val Liona, nel cuore dei Berici. Realizzato da Carlo Etenli dopo anni di appassionate ricerche, determinate dal desiderio di recuperare e conservare le testimonianze e i valori della civiltà contadina, il museo è stato inaugurato il 25 giugno 1995. Ampliato ulteriormente nel 1996, e ancora nel 2000, la struttura occupa attualmente una superficie coperta di circa tremila metri quadrati ("quasi un campo").
Teatro di manifestazioni ed eventi culturali (Festa della mietitura, Festa della trebbiatura, Festa della spannocchiatura e sgranatura del sórgo, Festa dell'artigianato, Rappresentazione degli antichi mestieri, Rievocazione delle attività domestiche di un tempo, Sfilata di trattori d'epoca...), il museo raccoglie decine di macchine agricole e migliaia di strumenti di lavoro e oggetti d'uso quotidiano, ordinati secondo criteri funzionali in sette sezioni: la filatura e la tessitura (con l'allevamento del baco da seta), la trebbiatura del frumento e la raccolta del granoturco, il mulino ad acqua (con carri, carretti e finimenti), il lavoro nei campi (aratri, erpici, seminatrici), i vecchi trattori, gli attrezzi del contadino (torchi, botti, falci, rastrelli, zappe), gli ambienti familiari (cucina, camera da letto) con l'aula di scuola e le botteghe artigiane.
Per ricordare quanti nel passato furono costretti ad emigrare, all'ingresso della corte è stato innalzato nel 1996 il "Capitello dell'Emigrante", dedicato alla Madonna di Monte Berico.

La filatura, la tessitura e l'allevamento del baco da seta

La sezione ricorda il lavoro delle donne soprattutto nelle lunghe serate invernali, durante le veglie del filò in stalla, quando bisognava filare anche per preparare la dote alle figlie. Vi sono esposti fusi, spole, mulinèle (filatoi), naspi e córli (arcolai) e scarti (pettini) per la filatura del cànevo (canapa), della lana e del lino, gràmole par gramolare el cànevo.
Uno spazio è riservato alle attrezzature necessarie per l'allevamento dei cavalièri (bachi da seta), che procurava alla famiglia le prime entrate della stagione: due incubatrici di legno per la schiusa delle uova, un castello con le arèle, un bosco di ramoscelli, alcune ceste per i bozzoli. Chiude la sezione una serie di telai per la tessitura della canapa e del lino; uno, dell'Ottocento, completo di spole, filo e canfin (lume a petrolio).

La trebbiatura del frumento e la sgranatura del granoturco

La sezione raccoglie due trebbie a mano di fine Ottocento, chiamate anche "macchine a sangue" per la fatica necessaria a farle funzionare; trebbie in legno del Novecento, una macchina a vapore, presse per la paglia; una trebbia binata con pressa in lamiera degli anni Trenta, di fabbricazione austriaca; e inoltre, sgranatrici per pannocchie e svezzatrici per la selezione delle sementi.

Il mulino ad acqua

Il Castellaro di Grancona con la chiesaIn una sala è stato rimontato il macchinario del mulino Peloso-Menon di Pederiva risalente al 1810, perfettamente restaurato e funzionante, con due coppie di mole (macine), utilizzate una (quella del 1806, proveniente dal mulino Gobbo di Calto) per macinare il "bianco" (grano per farina da pane), l'altra per il "giallo" (granoturco per farina da polenta).
E' esposto anche un vecchio inzegnón, il rocchetto a lanterna con pioli foderati di assale (acciaio) che trasferiva il moto della ruota esterna dal piano verticale a quello orizzontale delle macine, moltiplicandone i giri.
I mulini costruiti lungo la roggia della Liona vengono ricordati negli atti notarili a partire dal 1400: alla fine del Settecento ne vengono censiti ben 16, per un totale di 28 ruote.
Vicino alla sezione dedicata al mulino è esposta, inoltre, una interessante bilancia di precisione per pesare le matasse di seta.

Finimenti per gli animali e mezzi di trasporto

Nella sezione relativa ai mezzi di trasporto sono esposti carri a quattro ruote e barèle per uso soprattutto agricolo, carretti da mugnaio, una bara (carretto piuttosto robusto e allungato per il trasporto di carichi pesanti, trainato da cavalli), un biròcio e una timonèla (calesse e carrozza leggeri) per il trasporto delle persone più abbienti, finimenti per mucche e buoi (gioghi, dóncole, museruole), finimenti per cavalli e muli (dojèli o piccoli gioghi, comaci o collari, selle). Per i trasporti manuali, carriole e carioluni da letame, zhilière (portantine) da fieno, bigòli (bilancieri o arconcelli) con le loro coppie di cesti o di secchi.

Aratri, seminatrici e falciatrici

Sono esposte una serie di "macchine" che hanno aiutato il contadino nei lavori agricoli più pesanti: una collezione di aratri in legno e in ferro dalle diverse fogge (solcaróli, pioline, voltaréce, versóri completi di carièli), erpici, rùgoli (rulli), vecchie seminatrici (una in legno a mano dell'inizio del Novecento), cavapatate, motozappe, motofalciatrici per il fieno e una tajaliga.

I trattori d'epoca

Nel seminterrato sono stati raccolti una cinquantina di trattori, tutti funzionanti, costruiti dal 1918 ai primi anni '50: Landini, Lamborghini, Fiat, Fordson... Tra i più caratteristici, un Fordson del 1919, un Internazionale degli anni Venti, un Balilla del 1935, un Oto del 1947 con ruote anteriori binate.

Gli attrezzi del contadino

Una vasta esposizione è dedicata agli attrezzi di uso quotidiano: vanghe, zappe, badili e picconi per lavorare la terra; fèri da segare (falci) completi di prie (pietre da affilare), coari (portacoti ricavati da un corno di bue cavo), piante (piccole incudini sulle quali si batte la lama della falce, per rinnovarne il taglio) e forche e rastrelli per la fienagione; seghéti (falci messorie), dojari (correggiati) per "battere" il grano, crivelli; menare, màje e péndole (scuri, mazze e cunei) per il taglio del bosco; bilance a piatti, bassacune (bascule), chili (stadere), stari (staia), quartaróli per pesare o misurare i prodotti agricoli. Nella sezione dedicata alla vinificazione troviamo macchine per machinare l'uva, lóre (pevere) per travasare il vino, botti e torchi per comprimere le vinacce.

La casa e l'ambiente familiare

Per testimoniare la vita familiare contadina è stato ricomposto un focolare con il caldièro (paiolo) e il menapolènta (ceppo di legno che teneva fermo il paiolo), la cucina con i panari (taglieri per la polenta), i rami (le casseruole in rame), i bróndi (recipienti da cucina in bronzo), la gràmola per impastare il pane, il secchiaio di pietra incavata con sopra appesi i secchi per l'acqua.
E'esposta una camera con il leto de pajón e de scartozhi (materasso di paglia e di cartocci di mais) sui cavalletti, con la mónega e la fogara per scaldare il letto, illuminata dal canfin (lume) a petrolio.
Mastelli e tòle (assi) da lavare testimoniano la fatica della lìssia (bucato). Strumenti per il formaggio, cesti in vimini, foto d'epoca, i primi motocicli e le vecchie radio completano l'ambiente familiare.

Le botteghe artigiane e i mestieri ambulanti

Sono state ricomposte con i loro arnesi le botteghe del marangón (falegname), dello scarparo (calzolaio), del fàvaro (fabbro). E' stato ritrovato un carretto del moléta, l'arrotino che girava per i mercati e per le contrade per affilare lame, coltelli e forbici. Dalle priare (cave di pietra) e dai laboratori della valle provengono gli strumenti del priaro (scalpellino o tagliapietra): seghe, segóni da pria, binde, picconi da cava, mazze, cunei, bocciarde, scalpelli, subbie, sgorbie.

L'aula, l'orologio, la cassaforte

E' stata ricomposta un'aula scolastica, con i vecchi banchi di legno, la lavagna, i calamai, le carte geografiche.
Tra i pezzi più importanti del museo figurano la macchina da orologio del 1908 del campanile di Villa del Ferro, a caricamento manuale e perfettamente funzionante, e una "cassaforte" del 1600 ritrovata murata a Meledo Alto, nella Villa Arnaldi (case de Jorio).

 


Piantina del museo

Sez. 1 - La filatura, la tessitura e l'allevamento del baco da seta;
Sez. 2 - La trebbiatura del frumento e la sgranatura del granoturco;
Sez. 3 - Il mulino ad acqua. Finimenti per gli animali e mezzi di trasporto;
Sez. 4 - Aratri, seminatrici e falciatrici;
Sez. 5 - I trattori (nel piano seminterrato);
Sez. 6 - Gli attrezzi del contadino;
Sez. 7 - La casa e l'ambiente familiare, le botteghe artigiane, la scuola.

Piantina Museo della Civiltà Contadina - Grancona

COME SI ARRIVA

Museo della Civiltà Contadina di Grancona - indicazioni stradaliProvenendo da Nord: all'uscita del casello di Montecchio Maggiore (autostrada Serenissima nel tratto tra Vicenza e Verona) si svolta a sinistra e si imbocca la statale n.500 verso Lonigo. All'incrocio di Meledo di Sarego si gira a sinistra e si sale in direzione Grancona. Superato Meledo Alto, si prosegue su un tratto pianeggiante: all'inizio della discesa, in vista della chiesa di Grancona, si imbocca a destra (attenzione!) la via Ca' Vecchia che porta al museo.

Provenendo invece da Lonigo, si prende la statale n.500 verso Montecchio e si imbocca a destra la strada per Grancona poco prima di arrivare a Meledo.

Provenendo da Sud, da Orgiano o da Sossano: si risale la Val Liona fino a Pederiva, quindi si svolta a sinistra per la strada che sale alla chiesa di Grancona. Superato il Castellaro, si inizia a scendere in direzione di Meledo, ma dopo circa 500 metri si imbocca a sinistra (attenzione!) la via Ca' Vecchia che porta al museo.