La Regione del Veneto e il Museo etnografico della provincia di Belluno e del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi con il progetto Gli oggetti e la vita: storie di collezionisti nel Veneto hanno inteso raccontare la straordinaria ricchezza del mondo del collezionismo nel Veneto e nel contempo valorizzare la figura di alcuni coloro che ne sono gli artefici.
Sono stati scelti per l’interesse delle loro raccolte e per il fatto di averle rese accessibili al pubblico cinque collezionisti: Carlo Etenli, Giobatta Meneguzzo, Sergio Sanvido, Laura Minici Zotti e Silvio Antiga.
Ad attirare l’attenzione di Etenli non sono la forma degli oggetti d’uso comune o l’innovazione tecnica che distingue uno strumento da un altro, ma la loro capacità di testimoniare, di evocare, di educare.
La collezione etnografica di Carlo Etenli è composta da migliaia di oggetti acquistati nei mercatini e da privati in vent’anni di appassionata attività. All’origine della raccolta c’è un oggetto d’affezione: la mesa, appartenuta al padre e usata per spellare il maiale dopo la macellazione. Sono il ricordo del padre, dei padri, delle loro fatiche, il ricordo della giovinezza, il bisogno di trasmettere quelli che egli considera i valori del mondo rurale che lo hanno spinto a mettere insieme la collezione. Fin da subito l’obiettivo è stato quello di fare un museo, cioè di dare valore etico agli oggetti che stava accumulando.
Il Museo è per Carlo Etenli un impegno civile per la collettività, per i giovani, per conservare e comunicare la memoria dei contadini veneti. Ad attirare l’attenzione di Etenli non sono la forma degli oggetti d’uso comune o l’innovazione tecnica che distingue uno strumento da un altro, ma la loro capacità di testimoniare, di evocare, di educare. All’entrata del Museo una scritta sintetizza il senso dell’esposizione: “Entrate in questo museo, dimenticate per un attimo il mondo d’oggi: radio, televisione, cinema, discoteca, cellulari, automobili ecc. Guardate questi attrezzi che testimoniano la povertà, la miseria, le sofferenze dei nostri padri e delle nostre madri. Cerchiamo di non dimenticare tutto questo, e soprattutto il loro desiderio di creare per noi un mondo migliore.”
Altri cartelli posti lungo il percorso di visita, a firma di Carlo Etenli, ammoniscono il visitatore e lo esortano a ricordare. Non si tratta di disconoscere la capacità degli oggetti a comunicare, ma piuttosto di riaffermare il valore attribuito agli oggetti e al mondo che essi rappresentano. La collezione è anche narrazione autobiografica; è un mezzo per sottrarsi al tempo, per dire con orgoglio: “Gò lassà qualche cosa ... no moro mai” (“Ho lasciato qualcosa ... non muoio mai!”). Non è il singolo oggetto che conserverà la memoria di Etenli, ma il risultato dell’intera sua attività, l’insieme degli oggetti esposti: il Museo. Tra i materiali più interessanti raccolti ci sono 59 trattori, tutti restaurati e funzionanti, rappresentativi delle principali case costruttrici dagli inizi del ‘900 al 1960 circa. Queste macchine da lavoro hanno richiesto l’impegno maggiore, anche sotto il profilo economico.
Il Museo della civiltà contadina di Grancona è stato inaugurato il 25 giugno del 2005 ed è stato visitato da migliaia di persone e da tutte le scuole del luogo.